sabato 12 dicembre 2009

Le Università della Terza Età come terapia per la prevenzione dei mali della vecchiaia

Il “Piano Sanitario Nazionale” di qualche anno fa, nella premessa alla “Prevenzione nell’area anziani” asseriva che i problemi che derivano dall’allungamento della vita possono avere una soluzione solo se consideriamo la vecchiaia come un particolare ciclo della vita contrassegnato non tanto dall’”assenza”, quanto dalla “presenza” di risorse, talora limitate, ma da sostenere, riattivare, valorizzare per prolungare il tempo dell’autosufficienza.
Le politiche sanitarie nei confronti della popolazione anziana devono pertanto prevedere interventi integrati per la prevenzione e il recupero della compromissione fisica e del deficit funzionale e, quindi, anche dello svantaggio sociale che ne può derivare.
I programmi di intervento si devono qualificare, quindi, come programmi ad elevata qualificazione sociosanitaria, improntati ad una visione positiva dell’età anziana, tramite la rimozione delle barriere che impediscono l’apporto attivo degli anziani autosufficienti alla vita sociale.
L’obiettivo è quello di permettere al cittadino anziano di coltivare e mantenere le relazioni quotidiane e rimanere il più a lungo possibile nel proprio ambiente familiare e territoriale riducendo al minimo i pericoli dell’istituzionalizzazione e del ricovero o, comunque, dell’isolamento che è, quasi sempre premessa di malessere e malattia.
Concretamente, è necessario promuovere il mantenimento ed il recupero dell’autosufficienza nell’anziano.

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